Il momento no del settore nautico italiano

Il settore nautico italiano è in sofferenza da parecchio tempo, e le previsioni non sono ottimiste.

crisi settore nauticoLa caduta libera è cominciata già nel 2009, ma mai come adesso, questo settore ha avuto bisogno di un po’ di aiuto dalla parte dello stato. Ucina, la Confindustria nautica, fa notare che le cifre dimostrano chiaramente come il 2012 è stato l’anno peggiore per questo settore. Stessa analisi anche da parte di Cesare Pambianchi, Presidente di Assonautica Romana.

Le ragioni sono tante e facili da individuare. Anche la politica ha fatto la sua parte. Nel dicembre 2011 il governo Monti promulga il decreto Salva Italia che contiene anche una parte che decide l’introduzione di una tassa sui possessori di barche, yacht e navi, italiani e stranieri. Nonostante la marcia indietro tardiva del governo, sotto la pressione dell’Ucina, questo decreto ha provocato danni seri a un settore che era già in severo declino. Nel 2012 il fatturato globale dell’industria nautica italiana è stato inferiore di meno 27% rispetto al 2011, migliorando di poco nel 2013. La depressione è stata talmente pronunciata, che gli operatori del settore la definiscono situazione attuale del mercato e non usano più la parola “crisi”.

L’eccellenza italiana è molto conosciuta nel mondo e il settore nautico italiano vanta nomi di produttori di super yacht molto rinomati, che, nonostante la crisi, hanno mantenuto la loro posizione nella classifica mondiale. Parliamo di Azimut-Benetti, Sanlorenzo e Ferretti, che per mantenersi sul mercato hanno dovuto fare scelte coraggiose, talvolta dolorose, ma assolutamente necessarie. Dopo il disastro provocato dal governo Monti, un passo indietro e alcune misure per sostenere il settore nautico hanno portato a un leggero miglioramento nel 2013.

Queste misure, richieste da Ucina e dallo stesso Presidente di Assonautica Roma Cesare Pambianchi, sono state approvate e introdotte nella legislazione in vigore. Si tratta del bollino, che apposto sulle barche già sottoposte ai controlli, evita ulteriori verifiche da parte delle forze dell’ordine e della capitaneria di porto.

Un’altra misura che ha aiutato il settore e l’introduzione di algoritmi che hanno reso più equo il calcolo del valore di un yacht sul redditometro. Inizialmente chi possedeva una barca o un yacht in Italia era considerato abbastanza ricco da pagare tasse altissime e molti turisti in possesso di mezzi nautici hanno preferito dirigersi verso porti Francesi o Croati.

In presente si tenta il recupero parziale di tutti i turisti stranieri persi per colpa di politiche disastrose. Nell’operazione sono coinvolti anche i porti, che fanno sforzi considerevoli per contattare e riportare in Italia le barche e gli yacht dei turisti, specialmente quelli francesi, russi e tedeschi. Ma l’operazione è destinata a durare più del previsto, poiché gli stessi turisti sono stati ben ricevuti nei porti stranieri e hanno siglato contratti per più di un anno o due.

Un altro modo che la nautica italiana ha per riconquistare terreno sul mercato internazionale, è proponendo dei prezzi competitivi. L’Ucina è convinta che, se ai prezzi alti si aggiungono servizi scadenti, il settore non potrà mai migliorare. Con l’aiuto di promozioni, incentivi e servizi complementari si spera in un aumento significativo di turisti nei porti italiani.

Anche la produzione italiana di navi e barche ha subito un arresto. L’unico settore che ha sentito meno la crisi è quello del lusso, che, nonostante alcuni alti e bassi, ha mantenuto il livello costante nel tempo. Questo è stato reso possibile anche dal fatto che l’export di prodotti navali italiani è aumentato nei grandi mercati di paesi emergenti come la Cina, il Brasile e il sud Europa. Ma anche questi mercati ultimamente hanno rallentato la crescita, ed è diventato ovvio che non si potrà contare al lungo su di loro.

La soluzione per aiutare la nautica italiana a riprendersi, come più volte sottolineato anche da Pambianchi, è la continua ricerca di nuovi mercati come gli Stati Uniti d’America, l’America Latina, la Russia, i Paesi Scandinavi, la Turchia e il Medio Oriente unita alle modifiche della legge che regola i contratti di lavoro in questo settore. C’è bisogno di un contratto unitario per tutti gli operatori che lavorano nella nautica e si stanno già facendo dei passi importanti in questa direzione. E l’ultimo suggerimento, ma non in ordine d’importanza, è quello di valorizzare al massimo la qualità del made in Italy. Solamente investendo soldi e risorse umane si possono risolvere i problemi del settore nautico italiano.

Ci vorrà del tempo, ma le cose sicuramente miglioreranno, soprattutto se il governo darà la disponibilità ad aprire un tavolo per le trattative, insieme al ministero competente e agli esponenti maggiori di questo settore così importante.