Conseguenze economiche causate dall’epidemia di corona-virus.

Quali saranno i danni – inevitabili – all’economia causati dal coronavirus? È davvero in crisi la globalizzazione, come dicono alcuni commentatori?  Che questa crisi sanitaria abbia delle pesanti conseguenze sull’economia è fuori discussione, bisogna vedere in quali settori ci saranno le conseguenze più importanti, quali saranno quelli risparmiati dalla crisi, come ne usciremo.

È ovvio che tutti i settori che prevedono spostamenti di persone, grandi assembramenti e attività in comune sono quelli più a rischio. Il turismo e lo spettacolo dal vivo o in presenza di pubblico sono dunque quelli più colpiti immediatamente, quelli che subiscono le immediate conseguenze più gravi e che faticheranno a tirarsi fuori. Il turismo in particolare vive una crisi drammatica, che ha delle cause anche psicologiche, la gente ha paura degli altri, vuole stare a casa, ha meno curiosità per il viaggio e la scoperta, preferisce la rassicurazione alla novità. Il tempo per la ripresa sarà legato dunque non solo alla fine del contagio, ma anche alla fine della paura del contagio, e questo comporterà uno sforzo di comunicazione maggiore.

Lo stesso vale per lo spettacolo, che però ha delle soluzioni per la fruizione isolata: men teatri e cinema, più serie televisive, più musica a distanza, più isolamento ma – con più tempo libero – più disponibilità al consumo. Quindi in questo caso si vedrà un riposizionamento, che riguarda tutto il mondo del lavoro e dei servizi: ciò che avviene online e a distanza vedrà uno sviluppo anche tumultuoso.

Qui veniamo al punto che può rappresentare, dopo la crisi acuta dell’epidemia, la via d’uscita. Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno le potenzialità di farci uscire dalla fase critica e di aprire una nuova prospettiva strategica. Già oggi molte attività sono possibili a distanza, dalla didattica a molte tipologie di lavoro, appunto alla distribuzione di spettacoli e divertimenti. Alcune di queste sono state frenate da ragioni sociali più da difficoltà organizzative o tecnologiche: lo smart working – il lavoro da casa effettuato grazie ai collegamenti telematici – è possibile in tantissimi settori già da tempo, il blocco della sua diffusione è dovuto alle resistenze delle direzioni del personale, alla volontà di controllo più che altro. Ora che queste cose diventano preferibili rispetto alla vicinanza fisica, alla compresenza in uno stesso luogo, ecco che si scopre l’utilità e la possibilità di queste forme. Quindi è possibile un’accelerazione delle innovazioni in questi campi, a partire, ad esempio, dalla didattica che finora è stata usata, ma con poca innovazione, senza un vero pensiero pedagogico innovativo. Invece a questo punto sarà necessario mettere su attività, lezioni, metodologie, nuove sperimentazioni, che daranno all’apprendimento nuovi significati.

I vantaggi dal punto di vista della qualità del lavoro saranno evidenti: sempre di più si sarà misurati sugli obiettivi raggiunti e non sui comportamenti, sarà più facile promuovere la flessibilità buona (quella vicina ai bisogni delle persone) rispetto alla flessibilità imposta dall’organizzazione.

Certo ci saranno dei problemi nuovi: tutte le attività a distanza, finiranno per punire la socialità, i contatti interpersonali, impoverendo una serie di potenzialità, che peggiorano sia la qualità della vita, sia delle potenzialità lavorative. Quindi, finita l’emergenza, sarà importante riuscire a conciliare tutti gli elementi: la distanza e la presenza.