Macchine per caffè da bar: la storia

La macchina da caffè può vantare un età di oltre centocinquanta anni. Il primo modello fu infatti costruito alla fine dell’Ottocento, nel 1884 dal torinese Angelo Moribondo, un albergatore che voleva servire la preziosa bevanda ai suoi clienti:essa è dunque un’invenzione del tutto italiana e fu presentata per la prima volta all’Esposizione Generale Italiana al parco del Valentino.


Il prototipo della prima macchina da caffè era piuttosto diverso dalle macchine per caffè bar che vediamo ogni giorni nei nostri bar.
La macchina era formata da un contenitore nel quale andava inserito del caffè in polvere; l’acqua calda iniziava a circolare tra i numerosi tubi presenti ed infine, da un piccolissimo spruzzino, usciva il caffè.


Quest’idea però non riscosse subito il successo desiderato. Essa venne commercializzata soltanto nel 1901, quando Luigi Bezzera decise di brevettarla. A questo punto furono eliminati i grovigli di tubi e la macchinetta diventò più compatta e meno ingombrante.
Fu un alto pioniere dell’epoca, Desiderio Pavoni, che contribuì alla diffusione della macchinetta per il caffè cercando di farla conoscere nei diversi bar d’Italia. 
Una grande novità fu apportata da Pier Teresio Arduino, che, resosi conto delle potenzialità della nuova invenzione, decise di perfezionare il dispositivo.
La macchina a questo punto riusciva ad assicurare una buona velocità di mescita e le sue dimensioni diminuirono ancora notevolmente.

Fu importante la rivoluzione che fu apportata ad una parte vitale del dispositivo: la caldaia. Così si giunse, nel 1922, alla commercializzazione della macchina per caffè espresso denominata Victoria Arduino. Ebbero anche inizio le prime campagne pubblicitarie: il manifesto più famoso è quello dipinto da Leonetto Cappiello che disegna un viaggiatore su di un treno in corsa che prepara un caffè con la famosa macchinetta. L’immagine stava a sottolineare la velocità con cui era possibile avere un buon caffè espresso e soprattutto bollente. Furono gli anni Trenta a dare una svolta decisiva. Un tecnico di nome Cremonese ebbe una geniale intuizione: inserì all’interno della macchinetta un pistone a vite, e, grazie ad esso, l’acqua riusciva filtrare direttamente nel caffè senza dispersioni. Questo modello, brevettato da Gaggia, rimase nei bar fino agli anni 80 quando, la Saeco, introdusse le moderne macchine per il caffè espresso che si differenziano soprattutto per l’introduzione del filtro.

Infine ricordiamo i moderni distributori automatici, capaci di produrre una caffè caldo con la pressione di un semplice tasto. Il cliente oramai può scegliere tra le varie miscele presenti, e può decidere in qualsiasi momento se prendere un caffè lungo, corto, macchiato, o ancora un cappuccino o un espressino.