Per orientarsi nella registrazione di un dominio su Internet bisogna conoscere un minimo di procedure. Qualche dritta sul “battesimo”, sulle estensioni TLD (Top-Level Domain), sulle modalità di cancellazione.
Per realizzare dei siti Internet pur non avendo grande dimestichezza con la materia è necessario – oltre che essere maggiorenni – almeno sapere che cosa rappresenta un dominio. In verità, non è altro che il nome da affibbiare alla propria “creatura”, e come a ben guardare già sappiamo tutti è costituito da due parti: nella prima c’è l’appellativo vero e proprio, di solito semplice e inerente alla materia trattata; la seconda, separata da un punto (“dot”), richiama il tipo di attività trattata (per esempio .com, .biz, .org, .net), o la provenienza (.it, .us, .fr, .de, per dirne qualcuno, rimandano rispettivamente all’Italia, agli Stati Uniti, alla Francia, alla Germania). Queste estensioni finali vanno sotto il termine tecnico di TLD, ovvero Top-Level Domain.
Quando il nome viene registrato ufficialmente, non si può più tornare indietro (succede addirittura in caso di errore… e là è obbligatoria una nuova operazione, previa cancellazione della precedente). Meglio, dunque, ponderare attentamente il nome da attribuire in fase di realizzazione dei siti web.
Consigliate soluzioni stringate, dirette, facilmente memorizzabili e ricollegabili al settore di cui si parla. Ammessi soltanto numeri e lettere – tra 3 e 60 caratteri – mentre accenti e segni grafici vari sono al bando. Unica eccezione: il trattino (-), che però non deve stare né all’inizio né alla fine (ma neppure in terza o quarta posizione). Per i nomi già scelti da altri non si può far niente, si deve cambiare, possibilmente distinguendosi.
Ulteriore condizione imprescindibile per aprire un sito in Italia è la residenza nell’UE (perfino San Marino non va bene!). Per quel che concerne gli enti no-profit (privi di partita IVA), essi sono invitati a esibire un atto costitutivo.